Mi vorrà scusare il mio socio fantasma (e il pubblico ristrettissimo di amici & parenti) se ritorno su quegli argomenti pippotici trattati pressapochisticamente nel mio vecchio blog. Il problema è che sentivo l’impulso di scrivere, non sapevo dove farlo e questo blog è stato pensato all’uopo.
Ghenga di ultrameganarcoliberisti intenta a raccontarsi barzellette sui socialisti.
I sostenitori di un mercato libero da interferenze (in parole povere, i nemici dello Stato) si debbono periodicamente scontrare con obiezioni, forse non stupide, ma sicuramente frustranti. Frustranti, perché non obbiettano nulla che il liberista prenda davvero sul serio, anzi spesso si tratta di critiche che come fondamento hanno solo equivoci oppure sguazzano nell’ambiguità non definendo bene concetti fondamentali. Su anobii, ho trovato questa recensione de “La via della schiavitù”, un libro bello ed importante di F.A. Hayek, in cui si denuncia la piega che la società occidentale ha preso nei confronti della libertà individuale: un lento e inesorabile annientamento delle libertà “economiche”, da cui però conseguono le altre più basilari libertà. Tenterò un po’ il debunking della recensione, perché secondo me è uno splendido esempio della mentalità oggi prevalente e della faciloneria con cui gli argomenti pro-mercato vengono rimandati al mittente. Il lettore inizia così:
Tesi: qualsiasi tipo di intervento statale e di pianificazione dell'economia di mercato è assimilabile al fascismo, il mercato rende liberi.
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Per quanto possa sembrare berluscoide quest'idea, Hayek non ha tutti i torti.
Probabilmente un simile sistema 'diffuso', basato su proprietà e regole formali, lascia maggior libertà agli individui rispetto ad uno accentrato.
E’ già un’ampia concessione. Vorrei soffermarmi sulla termine berluscoide. Troppo spesso, al di là del caso specifico dell’attuale primo ministro italiano, le ragioni dei liberisti vengono accostati a partiti o esponenti che poco o nulla hanno a che fare. A parte questo, anche posto che Berlusconi-pensioero possa essere accostato a quello di Hayek (ma i fatti dimostrano che questo accostamento è illegittimo, per ragioni di registro oltre che di contenuto) dove sarebbe il problema? E’ un argomento ad Hitlerium. Se un’idea è giusta, è giusta, al di là da chi la sostiene. Ma andiamo alla critiche vere e proprie.
Bisogna fare delle precisazioni però.
L'idea che esista realmente qualcosa come il Libero Mercato (con la M maiuscola), un'entità onnisciente e in grado di perfezionarsi indefinitivamente, trascendente i bisogni e le aspirazioni umane, è una boiata pazzesca.
Il mercato può essere un utile modo per regolare l'accesso alla ricchezza nella società, coerentemente con il presupposto che gli uomini sono egoisti, ma ad alcune condizioni;
Né Hayek, né altri esponenti della sua scuola, la cosidetta scuola economica austriaca hanno mai sostenuto ciò, anzi penso che essi possano essere d’accordo con quanto il lettore scrive, ovvero
-il mercato è una finzione
O meglio, il mercato è un concetto astratto. Come la pace, l’odio, la fratellanza, il popolo, la società. Ciò non significa che sia falso ma che non esista né in spirito né in corpo. Gli austriaci definiscono il mercato come il luogo dello scambio volontario, quindi un’astrazione per indicare l’insieme dei baratti, delle compravendite che avvengono ogni giorno tra gli esseri umani. Dato che alcuni fattori, come la variazione dei prezzi, dipendono da questo insieme di scambi, e vanno ben oltre quanto deciso dal singolo acquirente o venditore, l’astrazione mercato si rende necessaria per la formulazione di alcuni enunciati, gli enunciati appunto della scienza economica. Nota: non c’è in confronto di altre finzioni, come “la società” precedentemente citata la stessa acredine che c’è verso “il mercato”. Di norma chi snobba il mercato è ben lieto di compiere azioni per il “bene della società”.
-il mercato è un ‘gioco’ e come tale devono esserci un arbitro imparziale e delle regole.
Prima era una “finzione”, adesso è un “gioco”. Sarebbe bello che, in generale, chi fa affermazioni del genere le motivasse, anziché esprimersi per dogmi. In ogni caso: l’arbitro imparziale non è che lo Stato, altresì il governo. E quindi, attualmente da noi, è anche quel “berluscoide” che il nostro amico sembrava non apprezzare. La metafora ludica, comunque, è fuorviante: presuppone che ci sia chi vinca e che perda. In uno scambio volontario entrambi gli attori agiscono perché preferiscono la situazione post-scambio a quella pre-scambio e dunque non c’è né vincitore né sconfitto. Ho precedentemente definito mercato come “l’insieme degli scambi volontari”, con quel che ne consegue.
-Gli uomini NON sono degli agenti perfettamente razionali
Anche qui si procede con dogmi. Hayek dice che sono razionali, un tizio a caso no, a chi dovrei credere? Un falso problema comunque dato che la definizione austriaca di azione razionale, non è quella che si intende comunemente con la lingua italiana. Semplificando, l’azione “razionale” è quella che persegue un fine e ogni azione persegue un fine. Anche se il fine è compiacere il mostro degli spaghetti volanti, che molti riterrebbero irrazionale. L’equivoco nasce dal fatto che, per gli austriaci, essendo l’economia una scienza avalutativa, non deve occuparsi di giudicare gli scopi secondo cui la gente agisce. Chi volesse approfondire può leggere qui.
-il mercato NON tutela l’ambiente
Perché? C’è forse qualche prova contraria? Personalmente ritengo che un espansione della proprietà privata sul territorio porti ad una conseguente cura delle risorse ambientali, ma mi rendo conto che è una speculazione che vale tanto quanto quella del mio amico. Qui comunque c’è una buona argomentazione, che sento di condividere. Se qualcuno la vuole smontare sono pronto al dibattito.
-il mercato viene DOPO gli esseri umani, come soluzione alle loro esigenze. Pertanto non deve minare quel minimo ideale di comunità e convivenza civile che ci porta a curare i nostri malati e a dare mezzi di sussistenza essenziali a chi ne ha bisogno.
Ma il mercato non era una “finzione”? Come fa a “minare” qualcosa, in quanto tale? Definendo il mercato come sopra esso è esattamente una conseguenza delle azioni degli essere umani, quindi non può venire “prima”, viene necessariamente “dopo”. Riguardo alla sanità, che il nostro amico afferma essere un settore che debba essere esente dalle logiche di mercato, si può affermare che già adesso non è così, nonostante il 99% della popolazione sia convinta del contrario. Per fortuna i medici recano il loro servizio perché questo viene pagato, altrimenti non esisterebbero. Certo, nella maggior parte dell’Occidente le loro prestazioni vengono contrattualizzate tramite lo Stato, ma un buon sistema di assicurazioni riuscirebbe a dare ai cittadini quella sicurezza di cui hanno bisogno (cioé la certezza di non dover sborsare cifre inenarrabili per un’intervento che può loro salvare la vita). Per gli indigenti, cioè quella ristrettissima minoranza fuori dalle soglie di mercato, c’è sempre la carità dei privati, come del resto anche ora, nonostante l’assistenza sanitaria statale.
Ad ogni modo Hayek è senza dubbio conservatore.
Quando ci dice che ci sono forze nella società che non possiamo capire o progettare e che il mercato non può avere argini, regole, interferenze, traccia un manifesto di immobilismo politico che avrei difficoltà a definire in altro modo.
A questa conclusione rispondo citando Mises, collega di Hayek, ma da me assolutamente preferito. Lo cito a braccio, perché non sono solito mandare a memoria. Solo in un sistema concorrenziale, dominato da un mercato libero da influenze statali, c’è mobilità sociale. Nessun imprenditore, nemmeno il più affermato, può essere al sicuro dall’attività dei nuovi imprenditori rampanti. Ciò, a mio parere, si può estendere a tutto il mondo delle attività umane, non solo a quelle strettamente considerate economiche.
Ors